Gaspare Traversi, il pittore che ritrasse la gente di Napoli

 Napoli – Trecento anni fa nella zona della celebre Rua Catalana, dove la regina Giovanna I fece allocare i catalani, nella prima metà del febbraio 1722 nasceva il pittore barocco Gaspare Traversi. Non abbiamo notizie certe sulla sua formazione, lo stesso Bernardo De Dominici, principale biografo dei pittori napoletani offre  pochissime indicazioni, tuttavia mi piace ricordare che il nostro Carlo Amalfi, pittore nato a Piano di Sorrento il 5 novembre 1707 da Andrea e Orsola Scarpato, si suppone abbia avuto legami artistici con il Traversi, tesi emersa raffrontando la produzione ritrattistica dei due pittori. Tornando al pittore napoletano, le ragioni del “silenzio” sulla sua formazione sono sicuramente da ricercare nel tipo di soggetti trattati e nei difficili rapporti che l’artista aveva con i committenti. In ogni caso il pittore della Rua Catalana, secondo molti esperti, potrebbe essersi formato nella bottega di Francesco Solimena. Gaspare Traversi ci propone dunque  un mondo del tutto nuovo fatto di modelli vivi e dai forti contrasti chiaroscuri. I personaggi, inconfondibili per la loro fisiognomica, sono colti dal vero con uno stile schiettamente neo-seicentesco volto a rivelare la realtà nascosta delle cose. Al 1748 risale la sua prima opera certa e datata, la Crocifissione, che dimostra una personalità già sviluppata e lontana ormai dalla supposta formazione solimanesca. Oltre alle opere di carattere religioso, Gaspare Traversi rimane famoso per i dipinti di scene di genere rappresentative della società borghese del tempo, secondo lo stile del naturalismo seicentesco. Si occupò anche di ritratti, riuscendo a rendere l’aspetto psicologico dei personaggi oltre all’analisi dell’ambiente sociale. Morì a soli 48 anni (1770) a Roma ed è sepolto nella basilica di Santa Maria in Trastevere, il quartiere in cui, lasciata Napoli nel 1752, ha sempre lavorato. Come scrive Nicola Spinosa, il Traversi presenta “…scene tratte dalla vita d’ogni giorno, dai salotti di ricchi borghesi – quelli che allora s’usava indicare come parvenu – con aspirazioni nobiliari o da qualche misero interno d’osteria con avventori rissosi, vecchi ubriaconi, mezzane proterve e giovanotti sprovveduti, dall’interno di qualche basso con comari compiacenti e ragazzotte intristite o da un angolo di strada frequentato da frati avvinazzati e legulei senza scrupoli, da ragazzini ridanciani e da cicisbei rammolliti; venivano messi a fuoco, meglio che in un trattato sulla situazione economica del paese o in un pamphlet sui costumi della sua gente e sulle sue necessità, i mali, le rinnovate aspirazioni, le continue delusioni, i laceranti contrasti, le persistenti contraddizioni di una realtà che poteva essere solo quella della Napoli settecentesca o di alcuni quartieri periferici romani“.

a cura di Luigi De Rosa

L'operazione di Gaspare Traversi

 


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