Lidiya Koycheva e la sua Balkan Orkestra a Incontriamoci in Villa edizione 2023

 

Sorrento (NA) Ieri sera nell’ambito della rassegna “Incontriamoci in Villa” promossa da “Fondazione Sorrento” che vede alla direzione artistica il dottor Antonino Giammarino, ad esibirsi sul palco di Villa Fiorentino c’era la cantante e pianista Lidiya Koycheva e la sua Balkan Orkestra composta dai musicisti Tony Mastrulli: chitarre, voce, Claudia Danni: fisarmonica, Christian Ferraro e Pietro Vitali: trombe, Paul Zogno: basso, infine Stefano Petrini: batteria.  Paolo Rumiz, scrittore che più di ogni altro nei suoi racconti balcanici ci ha insegnato ad amare i paesi dell’Est Europa, li dipinge come una terra plurale, fatta di persone, culture, lingue e tradizioni diverse. Con la stessa poesia, ma armata di una chitarra al posto della penna, la cantante bulgara, Lidiya Koycheva , ieri sul palco di Villa Fiorentino ha cantato questo pluralismo di culture e lingue, declinando con talento e grinta il grande repertorio di una musica che nel compositore bosniaco, Goran Bregović, ha il riconosciuto alfiere internazionale. Lidiya Koycheva ha aperto il concerto sorrentino con la splendida Ederlezi inno alla primavera, intonando poi Chaje Sukarije, Usti Baba, Mojo Dilbere, Cerno More e Rumelaj, tutti classici che spianano la strada al ballo che danno fiato alle trombe, salvo poi concedersi un momento di saudade: Makedonsko Devojce, canto romantico insegnatole da sua nonna, che come il precedente Chaje Sukarije, è un omaggio ad una bella ragazza, un leit motiv che torna spesso nel canto popolare macedone e romanì, che oggigiorno diventa quasi un inno alla ribellione alla cultura patriarcale dei Balcani, un vecchio sistema di valori che opprime le donne da secoli (vedi in ambito cinematografico l’interessantissimo “Dio è donna e si chiama Petrunya” della regista macedone Teona Strugar). Si fa strada nella proposta musicale della bulgara Koycheva, dopo la malinconica interpretazione di Makedonsko Devojce, la bellezza di brani grintosi e combattivi come Lule Lule, Zobi La  Mouche e Disko Partizani, quindi Opa Cupa e soprattutto Kalashnikov per concludere il concerto, dopo un omaggio alla nostra Taranta,  con un magnifico  “Bella Ciao” in salsa bacanica naturalmente.  Quella che segue è una piacevole chiacchierata che l’artista mi ha concesso a margine della sua esibizione, ringrazio per la cortesia il direttore Giammarino e gli amici Giuseppe Predente e Marco Mariconda.

Lidiya Koycheva e la sua Balkan OrkestraLidiya Koycheva e la sua Balkan Orkestra a Sorrento

Complimenti per il tuo progetto musicale, vorrei iniziare nel più classico dei modi chiedendoti di raccontarmi gli inizi della tua carriera.

 Grazie, molto volentieri. Sono figlia d’arte, mio padre è un fisarmonicista apprezzato in patria e all’estero, Neno Koycheva, mia madre, Videlina, è invece una ballerina professionista di danze tradizionali. Fin da bambina ho respirato arte, come si suol dire, e in casa nostra, sebbene vivessimo in un piccolo appartamento, riuscivamo sempre a trovare un po di spazio per  trasformarlo anche in una sala prove per la musica e la danza. Volevo studiare musica, questo era il mio sogno; avevo 14 anni e già partecipavo a concorsi che spesso vincevo, fino a quando sono riuscita ad entrare e a diplomarmi presso il Conservatorio G.F. Ghedini di Cuneo. Sono stati anni di sacrifici quelli perché tra l’altro all’epoca la Bulgaria non faceva parte dell’Unione Europea e bisognava avere il visto per stare in Italia. La burocrazia spesso mi faceva tribolare. Alla fine ho realizzato il mio sogno, diplomandomi in pianoforte nel 2004; il canto invece è venuto dopo, sono un contralto con tanta grinta, vedrai sul palco.

Sei di Sofia?

No, di Gabrovo, che è un paese al centro della Bulgaria,  situato ai piedi dei Monti Balcani, nella valle del fiume Jantra, ed è nota come capitale internazionale dell’umorismo e della satira.

Cosa ti rimane dentro di Gabrovo, cosa ti porti dentro quando sei all’estero della tua Bulgaria?

Soprattutto l’infanzia trascorsa dai nonni. Devi sapere che le mie nonne, sia quella materna e che paterna, sapevano e amavano cantare, la loro passione è diventata la mia ragione di vita. Infine non posso nasconderti che mi mancano spesso i nostri piatti tipici.

(Sorridiamo N.d.A.) Interessante, e qual è il piatto tipico che ti manca?

Beh sono un’ottima cuoca e adoro la Banitsa che è una torta salata formata da croccanti sfoglie di pasta fillo con un ripieno di yogurt e formaggio feta. La Banitsa è di una squisitezza esplosiva, quando sono in Italia mi procuro gli ingredienti per poterla preparare. Alla stessa maniera amo la cucina italiana quella verace pasta con pomodoro, pasta e fagioli per internderci.

Tornando alla musica, ricordo che Jorge Fernando, fadista di Lisbona, diceva che un cantante raggiunge la maturità artistica quando impara a cantare “non quello che sa ma quello che è”: ti riconosci in questa riflessione?

Sì, questo è particolarmente vero per una cantante come me che canta la musica della sua terra d’origine. Quando canto le canzoni balcaniche metto tutta me stessa nella voce, nella performance. Mi esprimo per quello che sono, per come mi sento in quel momento.

Se mi dovessi descrivere la musica balcanica in poche parole?

Sonorità e ritmi particolari. Se vogliamo affrontare un discorso più tecnico direi che la caratteristica fondamentale è rappresentata dai tempi composti che forse è ciò che meno comprendete voi occidentali. E’ una musica molto ritmata che coinvolte l’ascoltatore e lo seduce invitandolo al ballo. Mi viene in mente la pizzica, non a caso nel mio spettacolo ho programmato un omaggio alla musica e ai balli dell’Italia meridionale.

Ho letto che hai lavorato con Eugenio Bennato, Capossela e Carotone, come ti sei trovata con loro?

Molto bene, prima ancora avevo aperto i concerti di Goran Bregović, sono tutti artisti straordinari.

A proposito di Goran Bregović, non trovi che è con lui che il mondo conosce la musica balcanica?

Assolutamente sì. Amo molto interpretare le sue canzoni, tra quelle che preferisco c’è Kalashnikov che è grintosa e forte e a me piace interpretare questo tipo di canzone, poi ti posso citare Mesečina, un’altra canzone dal ritmo intrigante e dai contenuti superbi (Testo di Emir Kusturica, musica di Goran Bregović, basata su Djeli Mara di Šaban Barajmović, dalla colonna sonora del film Underground di Emir Kusturica N.d.A).

Parliamo del tuo progetto musicale e della tua band

Volentieri, il gruppo è composto da musicisti che conosco da una vita e da due trombettisti che si sono aggregati dopo perché volevo le trombe.  C’erano anche un clarinetto e un sax, ma devo dirti che la tromba è uno strumento che in un’orchestra balcanica non deve mancare. I musicisti che mi accompagnano sono tutti italiani, convinti e felici di aver sposato questo progetto.

Hai anche un disco?

Sì, s’intitolerà semplicemente “Lidiya Koycheva e la Balkan Orkestra”, ma dobbiamo ancora limare qualcosa prima di andare in stampa, anche se con noi abbiamo delle chiavette con tracce di live di alcuni concerti precedenti che possiamo proporre a chi ce le chiede dopo le esibizioni.

Hai in programma altri concerti dopo questo di Sorrento?

Sì, l’8 luglio a Calcarelli, il 16 a Melito Irpino, il 19 a Rivera (TO) il 20 luglio poi ci spostiamo in Francia a Cornas.

Su You Tube c’è una tua bellissima interpretazione di Chaje Sukarije mi vuoi parlare anche di questa canzone?

Sì. Devo confessarti che adoro Esma Redžepova, l’autrice del brano, che è stata una famosa cantante macedone che veniva chiamata la “Regina dei rom”. Si dice che nonostante non avesse avuto figlie ne adottò 42, per sottolinearne la generosità. Chaje Sukarije, è molto affascinante e vicina alle mie corde sia dal punto di vista vocale che musicale.

Infine, facendo riferimento sempre alla Bulgaria, mi viene in mente una poetessa che adoro, Blaga Dimitrova di lei desidero recitarti questa breve poesia che s’intitola “Erba”: “Nessuna paura/che mi calpestino./Calpestata, l’erba/diventa un sentiero”. Volevo chiederti è proprio così anche nel mondo della musica, anche gli insuccessi posso trasformarsi in sentiero?

Sì, è proprio come scrive la Dimitrova, anche a me è capitato di essere come dire “calpestata” ma subito dopo mi sono ripresa, con grinta e anche con l’aiuto di chi mi stava vicino perché anche l’amore di chi ti sta vicino nei momenti difficili trasforma l’erba calpestata in sentiero per un nuovo inizio.

Grazie a Lidiya Koycheva

di Luigi De Rosa

Link utili: https://www.lidiyakoycheva.com/

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